1 Agosto 2018

Abbasso il pollice

È successo qualcosa.
Qualcosa che potrebbe anche essere piccolo per altri, ma che per me non lo è.
Sono triste.
Vorrei confidarmi con qualcuno ma non so come iniziare, non so se riuscirei a spiegarmi ed ho paura del giudizio della persona con cui parlerò. Sento che nessuno mi potrà capire perché neanche io riesco a capire cosa provo.

Abbandono l’idea di confidarmi e mi lascio cadere sul divano. Prendo il cellulare per schiarirmi le idee, oppure per mandarle via, non lo so di preciso. Scrollo la home del mio social network abituale ed un’immagine attrae la mia attenzione. Non sono d’accordo con ciò che comunica.
Sento delle parole spingere su per la gola, gridando affinché le faccia uscire ma non c’è nessuno a fianco a me con cui possa esprimerle adesso. Percepisco però che se le lasciassi andare mi sentirei più tranquillo.

Apro i commenti. “Che idea di merda!” digito. “L’unica cosa che dovrebbero fare le persone che la pensano così è suicidarsi.
Indugio, ma invio.
In qualche modo, le parole che mi disturbavano la gola sono svanite ed i miei muscoli sono rilassati. Dopotutto l’avevo letto da qualche parte: è scientificamente provato che imprecare allevi la rabbia e lo stress del momento.
Del momento”. Forse è questa la parola chiave.

Mi sento meglio, la tristezza iniziale sembra essersi affievolita ma passerà giusto qualche momento, qualche minuto, poi tutto tornerà come prima. Cosa fare quindi?
Guardo il mio commento. I primi “mi piace” e le prime risposte cominciano a presentarsi: qualcuno mi sostiene. Un senso di sicurezza e coraggio mi invade velocemente il petto: è quasi come se quelle persone mi stessero dando manforte, aiutandomi in questo momento tanto difficile per me. Mi sento ancora meglio di prima… ma perché?
Non conosco queste persone, eppure… perché mi fanno sentire meglio? Sarà il grande potere della società di cui tutti parlano? Beh, è un potere che in realtà non ho mai capito. Siamo tutti una grande società, è vero, ma se anche decidessi di scrivere ad ogni singola persona che ha reagito al mio commento, qualcuno mi risponderebbe? Se anche ad ognuno di loro cercassi di spiegare come io mi senta, almeno uno mi aiuterebbe?
Posso davvero considerare queste persone, questi estranei, meritevoli di potermi influenzare emotivamente in questo modo? Perché dovrebbe importarmi di loro?
Guardo fuori dalla finestra: il sole splende ma il mio stomaco è chiuso. Il mondo oggi mi fa davvero schifo.

Con questo unico pensiero mi rendo conto che il benessere che ho provato pubblicando quel commento è già svanito: sto di nuovo male.
Ancora. Ho bisogno di sentirmi ancora meglio. Voglio sfogarmi, voglio urlare diritto in faccia a qualcuno come sto ma non c’è nessuno che mi possa sentire ora.

Il mio sguardo torna sul cellulare. Stringo forte l’apparecchio mentre il mio pollice si muove. Si sposta sulla scritta “aggiungi un nuovo commento” ma resta sospeso nell’aria.
A cosa mi servirà? Tra qualche minuto mi sentirò ancora come prima.
Beh, allora dovrò solo scrivere altri commenti, altri sfoghi e continuare a scriverli.

Ma a questo punto cosa diventerei? Un odio-dipendente? Un drogato di rabbia? Non voglio diventare così anche se… ho così tanto bisogno di sentirmi meglio.
Muovo anche l’altro pollice ma questa volta verso la scritta “elimina commento”. Pure questo però resta sospeso.
Rispondo? Elimino?
Continuo? Cancello tutto?
Sospiro.
Nella camera solo il silenzio.
Abbasso il pollice.

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