La parola chiave del 2018? “Consapevolezza”

Il 2017 è stato l’anno della presa di coscienza.
Fra denunce pubbliche, titoli allarmistici, scandali ed eventi formativi, i temi legati al lato oscuro dei social network sono diventati un must del dibattito pubblico.

Se ne è discusso molto, dobbiamo considerarlo necessariamente un bene?
La risposta è “nì”!
Parlarne è senza alcun dubbio positivo, nel momento in cui queste tematiche vengono affrontate con cognizione di causa da influencer, opinionisti e dai media mainstream.
Se a prevalere, invece, sono frasi fatte e luoghi comuni, veicolati con la pretesa di criminalizzare il web e trasformarlo agli occhi dell’opinione pubblica nel fulcro dei mali del mondo, allora abbiamo un problema.

In Rete sicuramente molte persone utilizzano un linguaggio poco consono, le pagine di stampo razzista, misogino e omofobo continuano a moltiplicarsi e le fake news hanno trovato terreno fertile nei social network. Tutto questo è indubbiamente vero, ma deve essere commisurato con una realtà piena di sfumature.
Non si può non ricordare che il web ha anche un ruolo spesso cruciale nel dare voce a chi una voce altrimenti non l’avrebbe o nel far emergere verità che diversamente resterebbero nascoste.

Se in Rete si percepisce odio dobbiamo comprendere che il problema è a monte.
Ad odiare sono le persone, perché internet non odia.
Questo tipo di problema, più che essere social è di tipo sociale.

Se ci propinano la storiella delle fake news diffuse dal web dobbiamo ricordare che la manipolazione dell’informazione esiste da molto prima di internet, e molto spesso i social network invece di una corsia preferenziale per bufale possono diventare uno strumento per smascherarle.

L’auspicio per il 2018 è che questo sia l’anno della consapevolezza e della cultura digitale. 365 giorni per iniziare a comprendere che, sebbene non sempre sia facile riconoscere una fake news, ognuno di noi ha il potere straordinario di non condividere una notizia se prima non l’ha verificata.
La speranza è che questa sia la volta buona per capire che insultare e discriminare online è grave come se accadesse nella vita reale, perché offendere dietro ad uno schermo è brutale tanto quanto dirselo in faccia.
Se prenderemo atto che le nostre azioni sui social hanno delle conseguenze allo stesso modo delle nostre azioni offline, capiremo che “Virtuale è reale” non è semplicemente un suggestivo mantra, ma è l’essenza di possedere una consapevolezza digitale.

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